Ricerca sulla memoria: scoperto come il cervello elabora i ricordi

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Il cervello affascina tuttora la ricerca. Ragion per cui, gli scienziati hanno aperto nuovi orizzonti sullo studio della memoria. E così emerge una nuova scoperta, riguardante il modo in cui il cervello recupera la memoria a lungo termine. La qual cosa dovrebbe aprire nuove strade per indagare e curare il morbo di Alzheimer e altre cause di demenza.
 
Dai primi esperimenti sulle cavie da laboratorio, è emerso un meccanismo cerebrale che potrebbe spiegare come recuperiamo vecchi ricordi. I ricercatori dell’Università del Nevada di Las Vegas hanno scoperto che due aree cerebrali che lavorano insieme per consolidare le memorie interagiscono in modo diverso durante il recupero delle memorie remote.

Le aree del cervello che lavorano sulla memoria

Le due aree del cervello sono l’ippocampo e la corteccia cingolata anteriore (ACC). Durante il consolidamento, i trasferimenti di ricordi si trasferiscono dall’ippocampo all’ACC.

E così, il recente studio rivela che durante il richiamo della memoria remota, l’ACC prende il comando e guida l’ippocampo.

Il dottorando Ryan A. Wirt e il professore di psicologia James M. Hyman descrivono i 4 anni di lavoro di laboratorio e analisi che hanno portato alla luce questo meccanismo cerebrale.

La ricerca apre nuove potenziali strade per esplorare perché determinate demenze e disordini portano a problemi sui ricordi a lungo termine. Una scoperta questa che potrebbe aiutare a spianare la strada a futuri trattamenti in grado di ripristinare questa capacità individui afflitti.

I problemi di memoria sono un sintomo chiave del deterioramento cognitivo lieve (MCI), una condizione che può precedere la malattia di Alzheimer e altri tipi di demenza. Sebbene i sintomi non siano abbastanza gravi da disturbare la vita di tutti i giorni, le persone che li vivono sono soggetti a dei cambiamenti, che si ripercuotono anche sugli affetti che le circondano.

Sulla base di quanto, gli studi hanno anche dimostrato che l’area che include l’ACC è coinvolta nell’elaborazione delle informazioni contestuali e nel richiamo remoto.

Dove porterà la nuova scoperta?

Durante l’esperimento, gli scienziati hanno messo i ratti in diversi ambienti a “intervalli di ritenzione diversi” e hanno registrato l’attività elettrica nel loro cervello utilizzando elettrodi impiantati. Hanno anche esaminato il tessuto cerebrale degli animali una volta completati gli esperimenti.

Così hanno notato che quando l’ACC e l’ippocampo lavorano insieme durante il consolidamento, c’è una sincronizzazione delle onde cerebrali tra di loro.

Tuttavia, con il progredire del consolidamento, “la forza e la prevalenza” delle onde ACC aumentano, portando a ricche rappresentazioni del contesto ambientale nell’ippocampo. Quest’ultimo si affida interamente all’ACC che a sua volta lo guida durante il richiamo della memoria. Tutto in un lasso di tempo di circa 2 settimane.

La scoperta potrebbe portare ad un nuovo meccanismo per il recupero della memoria e un progresso significativo che aiuta a capire come la mente umana sviluppa i ricordi passati. E chissà che magari possa essere lo spunto per salvaguardare la memoria in caso di deficit cerebrali.